Gravidanza e Parto naturale











“Quest’istante della nascita, questo momento di fragilità

estrema, come bisogna rispettarlo!

Il bambino è tra due mondi. Su una soglia. Esita.

Non fategli fretta non spingetelo. Lasciatelo entrare.

Che momento! Che cosa strana! 

Questo esserino che non

è più un feto e non ancora un neonato.

Non è più dentro la madre, l’ha lasciata. Eppure lei

respira ancora per lui.

E’ l’istante analogo a quello in cui l’uccello corre con le

ali spiegate e poi di colpo, appoggiato sull’aria, volerà.

Un momento ineffabile, impalpabile, il momento

della nascita, quello in cui il bambino lascia la madre…

Lasciate stare il bambino. Lasciatelo fare.

Il bambino viene dal mistero. E sa.

Non intervenite. Lasciatelo stare. Lasciatelo fare.

Lasciategli il tempo.

Il sole si alza forse di colpo?

Tra il giorno e la notte non indugia forse l’alba incerta,

e la lenta, maestosa gloria dell’aurora?

Lasciate alla nascita la sua lentezza e la sua gravità”.

   








Le doglie come doni per le donne e i bambini.


Dunque, non di una condanna, bensì di un dono, di un privilegio, di un’ opportunità si tratta. Questa è l’interpretazione del dolore anche di un gruppo di nativi americani. Essi chiamano le doglie “i doni” per la donna, perché ogni contrazione uterina la sostiene nel suo dare la vita e la porta più vicina al suo massimo desiderio: il suo bambino; doni per il bambino, perché gli insegnano il ritmo della vita e lo preparano al suo essere nel mondo.

 Per i popoli nativi, il dolore del parto può essere trasformato in gioia proprio attraverso la crescente consapevolezza. Una donna che ha esperienza nell’esercizio di pratiche spirituali legate all’abbandono dell’ego, all’entrare in stati alterati di coscienza, all’unione con l’Universo, può affrontare il parto lasciandosi portare dalle contrazioni senza resistenza alcuna, quindi senza dolore, verso la nascita del suo bambino e accoglierlo in uno stato estatico.


(Jeannine Parvati Baker)

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